Feb 15

LA CASSAZIONE SULLE FATTURE SOGGETTIVAMENTE FALSE

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Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti si realizza ogniqualvolta la falsità ricada sul contenuto della fattura, qualora si documenti un’operazione non eseguita o eseguita in misura diversa da quella reale, o sull’indicazione dei soggetti tra cui è intercorsa l’operazione.
In particolare, la falsità soggettiva si verifica nelle ipotesi in cui i soggetti indicati sul documento sono differenti da quelli che in realtà hanno preso parte all’operazione, ovvero sono “inesistenti”, perché si tratta di nomi di pura fantasia, ovvero non hanno mai avuto alcun rapporto di natura commerciale con il contribuente che utilizza il documento fiscale.
Sono questi i principi enunciati dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5703 dell’11 febbraio 2016.
Per la Corte, prendendo le mosse da un principio oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, il reato ex articolo 2,Dlgs 74/2000, sussiste in tutte le ipotesi di fatture emesse “a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte, ovvero indicanti i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero riferenti l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
Sulle fatture per operazioni inesistenti occorre distinguere tra la falsità oggettiva (operazione mai posta in essere, che non esiste in rerum natura) e falsità soggettiva, relativa a operazioni effettuate da soggetti diversi rispetto a quelli che hanno emesso il documento fiscale. Nel caso di contestazione da parte dall’amministrazione finanziaria sull’inesistenza di operazioni, la difesa del contribuente dovrà quindi dimostrare l’effettività dell’operazione posta in essere tra le parti.