Una normativa nazionale non può imporre al consumatore che prende parte a una procedura ADR di essere assistito obbligatoriamente da un avvocato. Il dictum, laconico, è stato reso dalla Corte di Giustizia UE, nella sentenza 14/06/2017 n° C-75/16.
Il massimo consesso europeo, dopo aver stabilito che il consumatore non può essere obbligato a ricorrere alla difesa tecnica, e quindi alla nomina di un avvocato, per avviare una mediazione, ha tuttavia precisato che lo stesso può ritirarsi dalla stessa, una volta avviata, in qualsiasi momento, e senza dover giustificare l’uscita. Ha infine concluso che la normativa italiana che prevede, nell’ambito del contenzioso giudiziario che coinvolge i consumatori, l’accesso preventivo alla mediazione obbligatoria, risulta comunque compatibile con la disciplina UE.
La fattispecie esaminata dalla Corte di Giustizia nella pronuncia del 14 giugno, origina proprio nel bel paese, in quel di Verona, dove il Tribunale civile chiedeva, all’organo europeo, lumi circa la dubitata compatibilità, tra le norme nazionali in tema di mediazione obbligatoria, e il diritto sovranazionale.
La Corte ha evidenziato che la direttiva 2013/11/UE, che assegna ai consumatori la facoltà di presentare, su base volontaria, un ricorso nei confronti di professionisti mediante procedure di Alternative Dispute Resolution (ADR), sarebbe applicabile alla specifica fattispecie esaminata dal giudice veneto, se la procedura di mediazione possa essere considerata una delle possibili forme di ADR, circostanza che il giudice stesso dovrà comunque verificare.
Sarà quindi il Tribunale del rinvio a riscontrare se la normativa nazionale discussa nel procedimento principale (l’articolo 5 del D.Lgs. n. 28/2010, nonché l’articolo 141 del Codice del consumo, come modificato dal D.Lgs. n. 130/2015), non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario, come richiesto dall’articolo 1 della direttiva 2013/11.
Giu 16