Lo stato di insolvenza sottende un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore, oggetto di una valutazione complessiva: quanto ai debiti, il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato dal curatore del fallimento rispetto alla cui dichiarazione sia stato presentato reclamo, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice del procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all’attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all’attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione – di regola – dell’operatività dell’impresa, salvo che l’eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell’avviamento. Lo ha sostenuto Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 29/03/2018, n. 7802.
Nel caso sottoposto alla Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Cagliari aveva accolto il reclamo contro la sentenza dichiarativa del fallimento della debitrice, escludendo lo stato di insolvenza sul presupposto della esistenza di un unico creditore e della sostanziale positività dell’equilibrio economico-finanziario della società, come desunta dai bilanci, dai quali si evidenziava un attivo superiore al passivo.
Per la Suprema Corte il giudizio della Corte d’Appello risultava sconfessato da un rapporto della Guardia di Finanza in atti, dal quale risultavano altri debiti verso Equitalia e l’Agenzia delle Entrate. Per la Corte, infine, il principio del superamento dell’attivo sul passivo desunto dai bilanci va in generale circoscritto alle società in stato di liquidazione e non può essere applicato alle società in bonis per determinarne la solvibilità.
Apr 6