IL VALORE DI RECESSO
Il CdA della banca di Vicenza ha comunicato il valore di recesso a favore di chi intenderà recedere dalla società alla prossima assemblea prevista per il 4 marzo 2016. Il valore di recesso era atteso in una forbice tra i 7 e i 12 euro. Il valore di euro 6,30 di dice che la banca sta peggio di quello che si stava pensando. Complice anche la riduzione della raccolta e la perdita sui depositi (alcuni correntisti hanno iniziato a trasferire i fondi) che incidono negativamente sul patrimonio netto.
LE MODALITA’ DI CALCOLO DEL VALORE DI RECESSO
Il valore di recesso è stato determinato sulla base del parere del Collegio Sindacale e della società di revisione KPMG, nonché delle relazioni valutative del prof. Paolo Gualtieri di Gualtieri & Associati e di PricewaterhouseCoopers.
La determinazione di questo valore è stata effettuata in un’ottica pre-money, neutralizzando gli effetti derivanti dall’aumento di capitale di Euro 1,5 miliardi previsto dal piano industriale 2015-2020 approvato il 30 settembre 2015.
Tale determinazione è inoltre avvenuta nel rispetto e secondo i criteri previsti dall’art. 2437 ter cod. civ., il quale richiede – per le società non quotate – di tenere conto non solo “della consistenza patrimoniale della società e delle … prospettive reddituali”, ma anche dell’“eventuale valore di mercato” delle azioni.
In considerazione dell’incertezza sul numero effettivo di bonus shares che verranno assegnate ai sottoscrittori dell’aumento di capitale 2014 e sul numero effettivo di azioni che verranno assegnate ai dipendenti per 35 anni di servizio successivamente al 2016, il valore per azione della banca è stato calcolato sul numero complessivo delle azioni in circolazione alla data del 16 febbraio, ossia 99.931.769 al lordo delle azioni relative a premi dipendenti per 35 anni di servizio assegnabili nel 2016.
Due i metodi utilizzati dagli esperti incaricati: il metodo “Dividend discount” e quello dei “Multipli di borsa”.
Per effetto di tali due metodi di valutazione la forbice di valore determinata dagli esperti era di euro 5,20-8,40, a seconda del metodo utilizzato.
Il metodo del “Dividend discount”, o dei flussi di ricavi attesi, assume che il valore del capitale economico di una banca sia pari alla somma:
– del valore attuale dei flussi di cassa futuri generati nell’orizzonte temporale prescelto e distribuibili agli azionisti senza incidere sul livello di patrimonializzazione necessario a mantenere lo sviluppo futuro atteso; e
– del valore attuale del “Valore Terminale”, ovvero il valore della banca al termine del periodo di pianificazione analitica dei flussi.
Il metodo dei “Multipli di Borsa” si fonda invece sull’analisi delle quotazioni borsistiche riferite ad un campione selezionato di società operanti nel settore di riferimento (società quotate comparabili) e sulla successiva applicazione dei multipli, evidenziati da tale analisi, alle corrispondenti grandezze della società oggetto di valutazione. Nel caso di specie le banche con cui è stata svolta la comparazione sono: UBI, Banco Popolare, BPM, BPER, Banca Popolare di Sondrio e Creval. PriceWaterhouse Coopers ha, in particolare, considerato un moltiplicatore di valore pari a “10”.
Alla fine, il valore di euro 6,30 corrisponde all’ammontare degli utili attesi per il 2018 (200 milioni di euro) moltiplicato per un moltiplicatore che si aggira fra 10 e 11, detratto l’aumento di capitale di 1,5 miliardi e suddiviso per il numero di azioni in circolazione.
IL RUOLO DI UNICREDIT
A quanto è dato conoscere, UniCredit avrebbe sottoscritto un accordo preliminare di garanzia avente ad oggetto la sottoscrizione delle azioni da emettersi in esecuzione del programmato aumento di capitale fino all’ammontare massimo di Euro 1,5 miliardi. Condizione dell’operazione dettata da Unicredit è che la Popolare di Vicenza non riconosca trattamenti di favore agli attuali azionisti. Fino a questo valore di 1,5 miliardi l’aumento può dirsi quindi garantito. Non è dato però conoscere i termini esatti dell’accordo.
IL NUOVO AUMENTO A 1,7 MILIARDI
La situazione patrimoniale della banca sta costringendo il CdA ad aumentare l’emissione di capitale da sottoscrivere di almeno 200 milioni di euro. Per questo si parla oggi di aumento non più di 1,5 miliardi, ma di 1,7. Su questi 200 milioni in più potrebbe non operare la condizione di Unicredit di assenza di premi ai soci e per questo adesso si parla di premi fedeltà per assicurare la sottoscrizione. Su questi 200 mln non opererebbe però nemmeno la garanzia di Unicredit.
IL BAIL-IN
Il bail-in prevede che gli azionisti, e in casi particolarmente gravi anche altri investitori in possesso di strumenti finanziari emessi dalla banca ed agganciati al capitale (obbligazioni, warrant, derivati su azioni, etc.), contribuiscano con i propri fondi a risolvere la crisi della banca stessa nel caso in cui questa possa avere ripercussioni sulla stabilità del settore bancario e finanziario. Con il bail-in il capitale della banca in crisi viene ricostituito mediante l’assorbimento delle perdite da parte di azioni e altri strumenti finanziari posseduti dagli investitori della banca: questi ultimi titoli finanziari potrebbero subire una riduzione, anche totale, oppure una conversione in azioni come nel caso delle obbligazioni subordinate. Se tale riduzione non bastasse, analogo trattamento potrebbe essere riservato alle obbligazioni non garantite.
Un principio base del bail-in è che chi detiene strumenti finanziari più rischiosi contribuisca in misura maggiore all’eventuale azione di risanamento. Con questo nuovo sistema infatti gli azionisti sono i primi chiamati a intervenire. Solo a seguire, e solo se il contributo degli azionisti non fosse sufficiente, verranno chiamati a contribuire coloro che detengono altre categorie di strumenti, secondo un prefissato schema di priorità di intervento. In ultima istanza potrebbero essere chiamati a sostenere le perdite gli stessi correntisti.
Le categorie di strumenti finanziari emessi della banca che sono interessate – in successione – dal bail-in, sono:
– azioni e altri strumenti finanziari assimilati al capitale (come le azioni di risparmio e le obbligazioni convertibili, i warrant e gli altri titoli derivati riferiti al valore capitale);
– titoli subordinati senza garanzia (obbligazioni subordinate come quelle azzerate in Banca Etruria);
– altri titoli di credito non garantiti (ad esempio, le obbligazioni senior ordinarie);
– depositi superiori ai 100.000 euro, con la precisazione che la garanzia NON copre il deposito, ma il depositante, per cui, in caso di cointestazione, la garanzia di fatto si raddoppia.