Un piccolo esercito di medie imprese pronte a sbarcare in Borsa. Un aumentato ricorso al private equity e al private debt. Boom di emissioni di minibond e bond. Sempre più investimenti con capitale proprio. Cambia la cultura finanziaria a Nordest. Complice il crollo dei due istituti bancari che per decenni hanno fatto da unico riferimento per il sostegno finanziario alle imprese (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca), le aziende, in particolare quelle venete, non sono rimaste a guardare e sulla spinta della concorrenza internazionale e della necessità di crescere, hanno vinto la timidezza e la diffidenza verso le forme di finanza alternativa. Guadagnandoci anche un più veloce ricambio generazionale ai vertici aziendali, visto che adottare nuove forme di finanza significa necessariamente dotarsi di un management moderno, spesso costituito da dirigenti esterni.
Le ultime rilevazioni del Barometro minibond dicono che nell’ultimo trimestre del 2017 si è registrato un vero e proprio boom dello strumento, maggiormente amato dalle Pmi grazie alla deducibilità degli interessi: le emissioni inferiori ai 50 milioni di euro sono state 28 per 147 milioni. Dato che ha portato ad un complessivo 2017 a quota 1,805 miliardi. Ma anche le operazioni di taglio molto grande (più di 150 milioni) sono aumentate, facendo registrare in totale a fine 2017 oltre 300 emissioni per più di 14 miliardi. In questa vitalità il Veneto primeggia: la regione guida la classifica italiana, con 490 milioni pari al 27,1% del totale, seguita da Lombardia (407 milioni, pari al 22,5%), Emilia Romagna (206 milioni, l’11,4%), Trentino e Alto Adige (113 milioni, il 6,2%), Piemonte (110 milioni, il 6,1%), Toscana (99 milioni, pari al 5,4% del totale). Il taglio medio delle emissioni scende (7,3 milioni, con cedole al 5,13, per una durata media di 5 anni), ma si amplia la platea dei settori che si avvicinano allo strumento: imprese manifatturiere, con una attenzione da parte del food&beverage, utilities, società di energia, servizi finanziari.
Feb 14